Review Summary: A pretty good album, you should listen to it.
Non guardatemi così, se mi sono sentito autorizzato a scrivere questa recensione è solo perché JohnnyoftheWell ha caricato la sua di Myss Keta, e questo mi ha convinto che scrivere in italiano su questo sito fosse una cosa accettabile. Forse per una volta potrò recensire un album senza dover star lì a rileggere cinquemila volte la mia recensione alla ricerca delle mie solite sminchiate grammaticali leggendarie. Da grandi poteri derivano grandi responsabilita', sicché ho intenzione di usare questa mia recensione in lingua madre per recensire un album che al secolo fece rumore, sia in senso buono che no.
Il Teatro degli Orrori erano quattro disadattati veneziani, ma se ora stai leggendo questa recensione senza usare google translate probabilmente non hai bisogno che io te li presenti. La loro fama li precede: gruppo per comunistelli quindicenni, la voce di Capovilla piacevole quanto una tartaruga che ti morde un orecchio, il gruppo che salvera' la musica in Italia... A tredici anni dall'uscita del loro debutto, a mente fredda, possiamo candidamente affermare che la verita', come in tanti casi, stava nel mezzo. Capovilla è sì un borioso insopportabile, che organizza sedute di lettura e di analisi di Majakovskji per far sapere al mondo di aver capito il senso della vita, ma la sua voce altrimenti improponibile si integra discretamente nella rumorosita' delle canzoni, complice anche una produzione che ha fatto brillare il gruppo. Anche i detrattori più accaniti non possono negare una certa originalita' negli arrangiamenti o una ricerca minuziosa del suono: un basso con un overdrive del genere si sente di rado in Italia, anche negli ambienti indie, così come gli accordi distorti e dissonanti che rimandano al noise americano dei Cherubs. Limitare gli argomenti dei testi ad uno psicodramma pseudopolitico adolescenziale è anche riduttivo, specie alla luce di alcuni episodi più personali nella seconda meta' del disco, che lo fanno respirare e lo rendono più digeribile.
Se il tempo sara' clemente con l'esordio del Teatro degli Orrori è forse ancora presto per dirlo, ma la storia insegna che quando si muore i peccati vengono condonati più facilmente di quanto si pensi: ci siamo dimenticati che Wagner era un nazista, ci dimenticheremo anche che Capovilla ci stava sulle palle. A quel punto, quello che rimarra' saranno le mitragliate implacabili delle chitarre distorte, o i muri di suono con gli accordi semidiminuiti, e forse i posteri riusciranno anche a perdonare una qualche R moscia o degli urli sguaiati a cui il nostro astio obbliga a dar peso.